Partenope approda a Mosca: la cucina campana inebria il fashion district della capitale russa.

By martedì, Marzo 28, 2017 0 No tags Permalink

Marzo 2017: Napoli Roma Mosca, anzi Неаполь Рим Москва.

Non è solo una sensibile escursione termica, ma un’immersione multi-esperienziale che, fatta per la prima volta, innesca un alternarsi repentino di interessi e distanze linguistico-culturali, dimensioni sorprendenti e percezioni urbane inedite, che finiscono per conquistare il visitatore della maestosa capitale degli Zar, delle avanguardie artistiche o aerospaziali e della rivoluzione di ottobre.

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Con chef Alfonso Caputo dalla «Taverna del Capitano» a Nerano abbiamo volato nel cuore à la page della Mosca contemporanea per una “3 giorni” di fornelli & degustazioni a quattro mani con Andrea Impero, resident chef di uno dei più innovativi progetti eno-gastronomici in città, il «Maritozzo»: design & fashion & food!

Nel quartiere delle ambasciate a dieci minuti dalla Piazza Rossa sulla Malaya Bronnaya si passeggia davanti alle vetrine patinate di Louboutin, Zino Davidoff e Giuseppe Zanotti, i macaron parigini de La Duree o il lussuoso intimo inglese di Agent Provocateur e si arriva proprio davanti al palazzo del Maritozzo, giovane design ristaurant, tra bistrot-cafè europeo e gourmet italo-moscovita.

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Mister Aram Manukyan, owner e ospite squisito, accoglie amici e clienti e ci racconta convivialmente come da oltre 400 store di moda e luxury shoes nella capitale (incluso il prestigioso Gum Center in piazza Rossa) è arrivato all’idea di un italian fusion redatto con una creatività leader nel settore mondiale di design&food e pertanto italiana: ecco com’è nato il locale meno di un anno fa e non a caso porta il nome del celebre dessert trasteverino, che lì da loro è già un’heavy rotation!

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Andrea Impero è stato presto “pensato” per la guida dei loro fornelli: è di Ferentino in Lazio e ha meno di trent’anni ma già un prestigioso iter campano e internazionale (Taverna del Cuapitano e Don Alfonso in Costiera, da Antonio Mellino a Londra o al celebre Can Fabes di Barcellona) e dopo una breve ma full immersion nella cucina moscovita dall’ennesimo stellato, Anatoly Komm e il suo fashionissimo Varvary allo Strasnoy Center, ha inaugurato sei mesi fa i fuochi del Maritozzo.

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Dal piano strada l’ampia vetrata dà sulla breakfast room, dove tra i prodotti di alta gamma sia locali che italiani e campani si assaggia il vero cappuccino, un brunch partenopeo (espresso e cornetto o pizza e tramezzini) e il miglior porridge frutta fresca e di bosco ai tavoli o cullandosi sui dondoli in midollino.

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Ma è salendo al primo piano che si entra nel salotto della giusta fusion: da un lato l’enoteca con grandi etichette internazionali e un lounge da cena, mentre a destra un’elegante sala dal design sobrio e italiano (architetti Angelini & Partners) con poltrone in velluto e tavoli in massello e marmo scuro accanto ai quali campeggia l’ampia e moderna cucina a vista dove si muove una brigata dinamica e internazionale (che copre i due piani di lavoro): tra gli italiani i due abili chef umbri Marco Giubbotti e Andrea Santilli, Ivan Pizzoni da Foligno consultant panificazione/pizze del bistrot e la giovane romana Martina Pallante (compagna di Imparato) mente e cuore della sala, che coordina un servizio impeccabile e raffinato.

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Alfonso Caputo ha impreziosito il menù delle serate di hospitality con sapienti pietanze di pesce, crostacei, molluschi o frutti di mare, ortaggi, verdure, spezie e legumi in preparazioni, temperature, tempure e cotture singolari, di cui è indiscusso conoscitore e abile giocoliere, raccontandole da anni dalla sua Marina del Cantone in tutto il globo: esperienza al servizio del gusto.

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Per tre cene i cucinieri nostrani Caputo & Impero si sono avvicendati ai fuochi moscoviti in un magistrale back-2-back che ha accostato, abbinato o alternato le migliori materie prime italiane con eccellenze della terra russa, di selvaggina e cacciagioni nonchè dal Mar Baltico fino alla costa est dinanzi al Giappone, sottolineando la miglior commistione tra tecnica contemporanea e cucina della tradizione, contaminazioni eurasiatiche di fusion e gourmet.

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Tra i piatti degustati, tutti notabili per esemplare equilibrio fattura-esecuzione ed aroma-sapore, abbiamo in particolare apprezzato quattro masterpiece:

> la capasanta di Vladivostok su ragù di lenticchie di Castelluccio con porri sotto in spuma e sopra filangè fritti a vestigio della portata: un gran piatto che combina agevolmente consistenza e tendenza dolce del mollusco coi legumi e l’ortaggio.

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> risotto di Carnaroli Ferron cotto nell’acqua di pomodori uzbeki grigliati e poi frullati: un cuore di bavarese mascarpone-limone manteca al cucchiaio questa piatanza di rara cremosità, morbidezza e succulenza indotta.

14> un raviolo aperto di sfoglia all’uovo sotto-farcito sorregge un cosciotto di pernice appena scottato con taccole piccanti, spezie e mele acidulate: un piatto versatile per consistenze, aromi e acidità.

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> una tartare di manzo biologico russo con chips di parmigiano, spaghetti di sedano, tuorlo d’uovo croccante all’esterno e liquido all’interno, salsa di panzanella e mostarda.

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Grazie, Alfonso e Andrea!

Ma sicuramente ..arrivederci a Mosca, che si scrive «увидимся в Москве» e si legge «uvidimsya v Moskve»!

 

testo e foto di Salvio Parisi

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