Quando Lucio Amelio portò Andy Warhol per la prima volta a Napoli nel 1975 non sapeva che stava di lì a poco innescando un movimento estetico rivoluzionario per la città e l’arte contemporanea in Europa trovava proprio allora un nuovo interessante polo di attenzione per addetti ai lavori e professionisti, media e collezionisti, curiosi e amanti del contemporaneo e del design.
Quell’uomo con voce sommessa e parrucche bianche o rosa, incedere flemmatico e un sorriso latente aveva già da anni iniziato nella sua New York un percorso di trasformazione della comunicazione, attraverso espressioni visionarie intorno all’arte e performance trasversali nella sua Factory di Manhattan, in cui passavano tutti quei nomi dello spettacolo, della cultura, della musica e dell’arte che di lì a poco avrebbero segnato e illuminato gli anni a venire.
Illustratore, fotografo, designer, regista, scrittore, pittore: dissacrare gli stigmi e alterare le regole, gli standard e la visione più ovvia delle cose, in una parola “Pop Art”. Quella con cui Warhol ha prodotto simboli, concetti e opere che raccontavano come e perché ”non c’è niente in arte che tutti non siano in grado di capire” o “in futuro tutti saranno famosi per quindici minuti” e che lo hanno nel tempo consacrato nel cosmo artistico ed estetico dell’era moderna.
Nei suoi viaggi a Napoli ha girato, guardato, scattato, incontrato e persino interagito con quell’altro gigante di Joseph Beuys, lasciando tracce epocali come “Vesuvius”, “Fate Presto” di Terrae Motus, le Napoliroid e alcuni ritratti che oggi campeggiano in esposizioni globali o collezioni private.
Se nella Grande Mela l’appuntamento era al leggendario Studio 54, qui all’ombra del Vesuvio i party più iconici e indimenticabili degli anni ’80 si consumarono al City Hall Cafè in corso Vittorio Emanuele, dove in una notte si firmarono con rossetto i decolletèe delle ragazze o si disegnarono dollari sulle loro braccia, mentre Leopoldo Mastelloni si esibiva magistralmente en travesti.
Dal 15 Aprile fino al 31 luglio al PAN di Napoli ben 130 opere mai o poco apparse in esposizioni precedenti da cinque collezioni private tra foto, dipinti, polaroid, documenti e bozzetti, strumenti e cover musicali, oggetti, abiti, complementi…
e persino citazioni, “selfie”, campagne pubblicitarie, banconote autografate, una sezione editoriale speciale col Mattino e un formidabile riallestimento della Silver Factory.
Prodotta da Navigare e patrocinata dal Comune di Napoli con la curatela di Edoardo Falcioni per Art Motors, questa mostra racconta episodi, percorsi antologici e souvenir dell’uomo e dell’artista che ha ritratto Napoli, ha adorato i vicoli, ha incontrato creativi e collezionisti, ha festeggiato le notti e ha amato “i femminielli”.
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Testo e foto di Salvio Parisi
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