La lucida analisi di GIORGIO ARMANI qualche giorno fa sull’immoralità del “fashion system”, contraddittoriamente orientato al mero business, che in nome del lusso consumistico accelera la produzione mortificando il lavoro di unicità dello stile.
Ecco l’edificante testo della lettera:
«Il declino cominciato quando si è rincorso il fast fashion
L’emergenza attuale dimostra invece come un rallentamento attento ed intelligente sia la sola via d’uscita.Una strada che finalmente riporterà valore al nostro lavoro e che ne farà percepire l’importanza e il valore veri al pubblico finale. Il declino del sistema moda per come lo conosciamo è iniziato quando il settore del lusso ha adottato le modalità operative del fast fashion, carpendone il ciclo di consegna continua nella speranza di vendere di più, ma dimenticando che il lusso richiede tempo, per essere realizzato e per essere apprezzato.
Io non lavoro così, è immorale.
Il lusso non può e non deve essere fast. Non ha senso che una mia giacca o un mio tailleur vivano in negozio per tre settimane prima di diventare obsoleti, sostituiti da merce nuova che non è poi troppo diversa. Io non lavoro così, e trovo immorale farlo. Ho sempre creduto in una idea di eleganza senza tempo, che non è solo un preciso credo estetico, ma anche un atteggiamento nella progettazione e realizzazione dei capi che suggerisce un modo di acquistarli: perché durino.
Mentalità sbagliata, da cambiare
Per lo stesso motivo, trovo assurdo che in pieno inverno in boutique ci siano i vestito di lino e in estate i cappotti di alpaca, per il semplice motivo che il desiderio d’acquisto va soddisfatto nell’immediato. Chi acquista per mettere in armadio aspettando la stagione giusta? Nessuno o pochi, penso io. Ma questa, spinta dai department store, è diventata la mentalità dominante. Sbagliata, da cambiare. Questa crisi è una meravigliosa opportunità per rallentare e riallineare tutto; per disegnare un orizzonte più vero.
Basta spettacolarizzazione, basta sprechi
Sono già tre settimane che lavoro con i miei team perché, usciti dal lockdown, le collezioni estive rimangano in boutique almeno fino ai primi di settembre, come è naturale che sia. E così faremo da ora in poi. Questa crisi è anche una meravigliosa opportunità per ridare valore all’autenticità: basta con la moda come puro gioco di comunicazione, basta con le sfilate cruise in giro per il mondo per presentare idee blande e intrattenere con spettacoli grandiosi che oggi ci si rivelano per quel che sono: inappropriati, e se vogliamo anche volgari.
I viaggi che inquinano
Sprechi di denaro che inquinano e sono verniciate di smalto sul nulla. Eventi speciali devono succedere per occasioni speciali, non come routine. Il momento che stiamo attraversando è turbolento, ma ci offre anche la possibilità, unica davvero, di aggiustare quello che non va, di riguadagnare una dimensione più umana. È bello vedere che in questo senso siamo tutti uniti. Per il retail sarà una prova importante. Agli operatori americani della moda voglio mandare il mio più sentito incoraggiamento per le settimane difficili che dovremo affrontare. Uniti, ce la faremo. Ma dovremo essere uniti: questa è forse la più importante lezione di questa crisi.»
Giorgio Armani
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di Salvio Parisi
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